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martedì 22 febbraio 2011

Tra Le Corbusier e Khan

Il XX° secolo ha portato alle città dell’India un’esplosione abitativa e infrastrutturale, con progetti di grandi firme come Le Corbusier a Chandigarh o Louis Isidore Khan ad Ahmedabad1., ma da alcuni decenni le città indiane mancano di un’adeguata pianificazione e di investimenti per il suo sviluppo demografico avuto. L’India è infatti il paese dell’Asia meridionale che ha avuto il più grande sviluppo demografico, abitativo  e infrastrutturale anche se molte città sono prive di veri e propri trasporti pubblici con gravi problemi di congestione. La crescita incontrollata delle città ha condotto al formarsi di bassifondi che siedono gomito a gomito con luccicanti blocchi di uffici, appartamenti di lusso e hotel, come il Renaissance Hotel, l’albergo a cinque stelle situato nel centro di Mumbai sulle rive del lago Powai, con appartamenti e suite su due piani, piscine, quattro ristoranti e bar, biblioteche, sale yoga, terme e sale convegni2. che confinano a pochi metri con abitazioni precarie con coperture fatiscenti (figura a lato).
Il paese possiede una popolazione superiore ad un miliardo3. e anche se il 60% della popolazione vive nelle campagne, più di un quarto di un miliardo vive in città con una crescita annua della popolazione urbana del tre per cento. Il numero di persone che vivono negli insediamenti informali delle città è diminuito negli ultimi due decenni, diminuendo dal 61% degli anni ’90 al 34,8% del 2005, anche se tali insediamenti possiedono una crescita annua del due per cento.
In India gli insediamenti informali vengono definiti con diversi termini a seconda della zona e della città dove essi sorgono, ad esempio gli agglomerati informali urbani nello stato centro-occidentale del Maharashtra vengono definiti  zopadpatti o johpadpatti che significa “una striscia di capanne”4.. In città come Calcutta i bassifondi sono in gran parte semplici aree di alloggiamento inferiori ai 30m2, su un solo piano prive di servizi igienici, impianti idrici, luoghi di cottura, finestre e vengono chiamati bustees5., mentre in città come Delhi, Kanpur, Ahmedabad, vengono chiamati katras, ahatas e chawls rispettivamente6.. Anche se il governo nazionale negli ultimi 10 anni ha ridotto la popolazione dei baraccati ed ha annunciato una mappatura degli zopadpatti con un controllo del territorio, con l’aiuto di immagini satellitari per monitorare la crescita di nuove baraccopoli7., oggi le città indiane sono in condizioni peggiori rispetto a quelle cinesi, unico altro paese ad aver sperimentato processi di urbanizzazione di dimensioni simili, infatti i servizi per la popolazione sono scarsi, il 33% della popolazione non possiede servizi igienici, il 21% non ha una superficie abitabile sufficiente mentre il 10% non ha strutture abitative durevoli 8.9..
Le principali città indiane con una grande popolazione informale sono Mumbai (6,5 milioni), New Delhi (1,9 milioni),  Calcutta (1,5 milioni), Chennai (0,8 milioni) e Nagpur (0,7 milioni)10. ma in generale i bassifondi delle città indiane possiedono in totalte circa 200 mila baracche di cui 5.142 su letti di fiumi, 19.670 lungo ruscelli e canali, 11.604 su pendii e colline, 3.584 su terreni destinati a strade, giardini e terreni specifici per un uso pubblico e il restante in aree urbane.11.


Fonte:
1. Curtis William J. R., L’architettura moderna dal 1900, pp.427-521.
2. Dal sito internet: www.marriott.com/hotels/hotel-photos/bombr-renaissance-mumbai-convention-centre-hotel/
3. United Nations, World Popultion Prospects: The 2008 Revisions, Annex Tables, Table A.1. p. 3.
4. Foreman Jonahtan, Mumbai: On the “Slumdog” Trail, in «Stand Point Magazine» di marzo 2009.
5. Dal sito internet: www.gymnasium-spaichingen.de/bili/india/calcutta.html
6. United Nations for Human Settlements Programme (Un-Habitat), Sharpening the global development agenda, The notion of slums, p.10.
7. Autore assente, New building height limits, satellite eye on new slums, in «Indian Express» del 22 aprile 2010.
8. Dati estratti dal sito internet: www.unhabitat.org/stats/
9. Lamont James, India unprepared for urban migration, in «The Financial Times» del 22 aprile 2010.
10. Paliwal Ankur, Slumming it for real estate, in «Down to Earth» del 15 aprile 2010.
11. Khape Ajay, Civic body eyes another slum rehab project, in «Indian Express» del 23 marzo 2010.

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