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domenica 26 dicembre 2010

Informalità

L’architetto e urbanista messicano Castillo Josè, nonchè docente presso l’Universidad Iberoamericana a Città del Messico e docente di design presso The University of Pennsylvania, sostiene che:

Per molte persone, l'informalità è sinonimo di illegalità, e quindi tutto ciò che è informale è automaticamente considerato difettoso. Ma non è così semplice. L’informalità comprende gradi di legalità e illegalità. In alcuni casi, potrebbero esserci violazioni normative, in altri, una mancanza di coinvolgimento professionale, e in altri ancora una mancanza di pianificazione.” 1.

L’informalità non è un fenomeno esclusivo del XX° secolo, e neppure dei paesi sottosviluppati, ciò che è notevole è che l'informalità è diventato il modo dominante della città dal XX° secolo. Il punto più alto di urbanizzazione informale è stato probabilmente durante la fine degli anni ‘60 e i primi anni ‘70, quando ci fu una grande crescita demografica, alte migrazioni, un boom economico e sbagliate politiche abitative urbane.
L’urbanizzazione informale è esattamente l’opposto di quella formale che inizia con un piano urbanistico, poi una delimitazione giuridica di proprietà e infine infrastrutture e servizi necessari per unire l'edificio alla città; l’urbanizzazione informale inizia dalla fine, in primo luogo i coloni costruiscono in maniera informale i loro insediamenti irregolari, poi le infrastrutture e infine si definisce la proprietà.2. Gli insediamenti irregolari sono degli assembramenti più o meno vasti di casupole o baracche costruite per lo più con materiali di recupero, solitamente localizzati alla periferia di grandi agglomerati urbani. Insediamenti di questo tipo si trovano in numerose aree del mondo e le denominazioni locali sono spesso entrate nell’uso per indicare le baraccopoli di una determinata regione geografica, dalle favelas e villas miseria dell’America Latina, agli zopadpatti e bustee dell’Asia, dai baladi e township dell’Africa, alle bidonville e elendsviertel dell’Europa e più in generale agli slum. Esistono ben 50 differenti dizioni per indicare tali insediamenti informali, e comunque non sono da considerarsi sinonimi in quanto ciascuno di essi ha diverse caratteristiche affiancate al luogo d’origine. Le baraccopoli non sono tutte uguali e soprattutto non tutti i suoi abitanti sono poveri come ad esempio i quartieri situati in zone oggetto di interventi di riqualificazione e presso le zone industriali, spesso di piccola scala.

Fonte
1. Furniss Charlie, Keeping it informal: Charlie Furniss visits Chimalhuacan, one of Mexico's more deprived  districts, with architect José Castillo    and hears how informality can help planners create more dynamic urban environments, di aprile  2008.
2. Cfr. Montejano Castillo Milton del 6 maggio 2008, Processes of consolidation and differentiation of informal settlements, capitolo
   1, pp. 2- 40.

sabato 11 settembre 2010

Rocinha non è il più grande slum del mondo

Questa sera stavo leggendo un articolo del 6 settembre 2010  de LA STAMPA dal titolo Rio invita i turisti nelle favelas scritto da Paolo Manzo, e ho notato una frase:

"La Rocinha, lo slum più grande del mondo con 150 mila abitanti"

 
  Ok  la Rocinha a Rio de Janeiro possiede sì una popolazione stimata tra i 150 e i 200 mila abitanti ma secondo altre fonti non è il più grande slum del mondo.
  Si credeva fosse la più vasta favela  del Sud America ma con i suoi 865.032 metri quadri risulta terza come espansione, la prima posizione è occupata dalla favela Fazenda Coqueiro nella zona occidentale con 1.095.094 metri quadri ed il secondo posto è occupato dalla favela Nova Cidade nella zona ovest con i suoi 933.162 metri quadri. 1.
  Il più grande slum del mondo è Neza-Chalco-Itza, a Città del Messico, una fusione di diciotto delegazioni e municipalità nel quadrante sud-orientale della metropoli  (come Nezahualcóyotl, Chimalhuacán e Iztapalapa) e con una popolazione di circa 12,8 milioni di abitanti. 2. 3.
  Mentre lo slum più densamente popolato del mondo è Dharavi a Mumbai in India che possiede circa un milione di abitanti su una superficie di circa 223 ettari. 4. 5.

Fonte:
1. Autore assente, Fazenda Coquiero è a maior favela da cidade, in «O Globo», del 6 febbraio 2009.
2. Barberi Paolo, E’ successo qualcosa alla città. Manuale di antropologia urbana, Donzelli Editore, Roma, 2010, p.40.
3. Davis Mike, Il pianeta degli slum, Feltrinelli, Milano, 2006, p.189.
4. Doflon Rogério, Curvas mais sensuais na Rocinha., del 3 giugno 2010.
5. Da Rin Roberto, Favelas addio? Lula cambia faccia a Rio, «Il sole 24 ore», del 26 gennaio 2010.

martedì 7 settembre 2010

Oggi? Periferie urbane

Per secoli la città è stata il simbolo del progresso, l’affrancamento dalla vita rurale, una liberazione che si manifesta tutt’oggi dai milioni di abitanti delle campagne che si spostano nei centri urbani. Considerando che oggi più della metà della popolazione mondiale vive in aree urbane e circa un miliardo in insediamenti informali, questo blog vuole mostrare una visione degli aspetti simili, ma soprattutto delle differenze, nelle periferie delle città dove spesso viene inglobato l’urbano al rurale, una sorta di periferizzazione del mondo.
Uno degli argomenti attuali, a cui un futuro progettista, un urbanista, un demografo, un antropologo o un sociologo, ma anche un economista cerca di trovare una soluzione, è l’esplorazione teorica delle diversità nelle periferie delle metropoli e delle megalopoli del mondo, quest’ultime presenti soprattutto nel sud del mondo. I nuovi centri dell’urbanistica non sono nelle città come Londra, Vancouver, Washington o Sydney ma nelle periferie, che definiscono la vera realtà delle nuove metropoli del XXI secolo, dove l’ambiente postmoderno cittadino è unito, e talvolta anche fuso, all’ambiente rurale, come dalle periferie latine di Rio de Janeiro a Città del Messico, passando per quelle sterminate asiatiche da Seoul a Mumbai, e ancora quelle arabe da Karachi a Khartoum e infine anche quelle africane da Lusaka a Lagos. Tale frantumazione delle periferie e aggregazione tra urbano e rurale è presente, anche se in minor modo, nei Paesi Sviluppati da Lisbona a New York .Il blog si pone l'obbiettivo di riflette, e far riflettere insieme, sui numerosi squilibri presenti nelle medie e grandi città soprattutto dei Paesi in Via di Sviluppo, ma anche dei Paesi Sviluppati, sia dal punto di vista morfologico del territorio sia del rapporto tra il territorio e le forme delle città.